Ius Sanguinis e Ius Soli: gli immigrati in Italia

Per immigrazione, in generale,si intende l’insediamento di uomini in paesi diversi da quelli in cui sono nati, per cause naturali o politiche; può essere di massa o d’infiltrazione, secondo che le unità che si spostano comprendano varie migliaia di individui oppure siano di scarsa entità.

L’immigrazione è un fenomeno che interessa in particolar modo l’Italia in quanto paese europeo più a stretto contatto con il nord Africa. L’incidenza della popolazione straniera sulla popolazione italiana totale è un dato in continua crescita: nel 1990 gli stranieri erano lo 0,8% della popolazione, nel 2000 il 2,5%, e nel 2006 ha superato il 5%. Il tasso di crescita tuttavia è diminuito negli ultimi anni, e tra l’1 gennaio 2015 e l’1 gennaio 2016 è aumentato solo dello 0,2%.

Ad aumentare nell’ultimo anno è stata la componente comunitaria, che ha segnato un +1,7%, mentre gli extra-comunitari sono diminuiti dello 0,4%.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale degli immigrati in Italia al 1 gennaio 2016, le cinque regioni con la maggiore incidenza della popolazione straniera residente sono: Emilia-Romagna (12%), Lombardia (11,5%), Lazio (11%), Umbria (10,9%), Toscana (10,6%). I migranti e i rifugiati sbarcati in Italia provengono soprattutto da Nigeria (15%), Gambia (10%), Somalia (9%), Eritrea, Guinea, Marocco (9%) e Costa d’Avorio (8%).

Le donne costituiscono il 52,6% degli stranieri residenti in Italia.

Una volta arrivati in Italia però non sono riconosciuti come cittadini italiani in quanto vige sul nostro territorio il diritto di cittadinanza per sangue Ius Sanguinis. Essa è tra le normative sulla cittadinanza più restrittive in Europa ed indica il fatto che si diventa cittadini italiani solo se si nasce da genitori italiani, indipendentemente dal territorio. Un cittadino extracomunitario può acquisire la cittadinanza italiana se si è residenti in Italia per almeno 10 anni, mentre se si è cittadino europeo la si può ottenere dopo 4 anni. Ma in presenza di particolari condizioni allora viene applicato lo Ius soli, esso lo si ha quando lo straniero che ha sposato un cittadino italiano, risiede in Italia da 2 anni a partire dalla data di celebrazione del matrimonio. Infine, la cittadinanza italiana può essere acquisita se il soggetto, nato in Italia ed ivi residente per 18 anni in maniera ininterrotta, ne faccia richiesta entro il compimento del diciannovesimo anno. Se non fosse effettuata tale richiesta, il cittadino tornerà nella categoria “immigrati”, a cui si applicano la Legge Bossi-Fini, i permessi di soggiorno e le norme sull’irregolarità. Le norme che regolano la cittadinanza in Italia attualmente sono contenute nella legge n. 91 del 1992.

Il diritto della cittadinanza italiana è diventato uno dei temi più discussi nel nostro Paese da molti anni, in particolar modo a partire dal 2012 con la campagna “L’Italia sono anch’io” che depositò oltre 100.000 firme per l’introduzione del principio di Ius Soli nel nostro ordinamento. In risposta a tale evento l’ex-Ministro Riccardi affermò ripetutamente che, trattandosi di un tema politico, toccava al Parlamento muoversi. Così il Parlamento iniziò ad attuare una serie di modifiche nella legge di questo tema, ma il testo rimase fermo alla Commissione di Giustizia della Camera dopo poco tempo.

Nel 2013 il Capo dello Stato ha parlato, inoltre, della necessità di dare una risposta a tutti i bambini nati in Italia da genitori stranieri,in quanto questi bambini acquisiscono solamente la cittadinanza del paese dei genitori. Bisognava perciò attuare delle leggi per superare questo disagio. Ma non tutti i partiti e movimenti in Parlamento erano concordi, solamente il PD e il SEL erano favorevoli allo Ius soli, mentre PdL-Lega Nord, M5S e Scelta Civica non lo erano.

Nel 2015 la legge n.91 del 1992 presentò le due più importanti novità:lo Ius soli temperato per chi nasce in Italia, Ius culturae per chi arriva in Italia entro i 12 anni di età. In questo modo la legge mise insieme le oltre 20 proposte di legge presentate fino a questo anno da esponenti di tutti gli schieramenti politici. E che per la prima volta introduceva nel nostro paese lo Ius soli temperato per tutti (la legge lo prevedeva solo nei casi di apolidia, cioè quando non si può determinare la nazione di appartenenza), avvicinando la nostra legislazione, considerata tra le più restrittive in Europa, a quella degli altri paesi come Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Olanda e Spagna.

Il primo articolo del testo di riforma contiene la novità più importante:il riconoscimento della cittadinanza italiana a chi è “nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni, antecedenti alla nascita”.

La norma si basa, quindi, sul progetto di vita stabile dei genitori stranieri in Italia. La cittadinanza in questi casi non è però automatica ma si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, da annotare a margine dell’atto di nascita. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza. In mancanza di una dichiarazione di volontà da parte di un genitore esercente la responsabilità genitoriale, il figlio acquista la cittadinanza, se lo chiede, entro 2 anni dalla maggiore età.

La seconda novità è contenuta nell’articolo 4 comma 2, che introduce il cosiddetto Ius culturae per i figli di genitori stranieri che siano entrati in Italia entro il compimento del dodicesimo anno di età. In questo caso per l’acquisizione della cittadinanza si prevede la frequenza regolare “per almeno cinque anni d’istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale d’istruzione o percorsi d’istruzione e formazione professionale idonea al conseguimento di una qualifica professionale”. Anche in questo caso la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale. Lo stesso vale per chi arriva e ha un’età compresa tra i 12 e i 18 anni e, oltre a un ciclo scolastico, è richiesta la residenza di almeno 6 anni.

La modifica della legge riguarda solo i minori e non per la naturalizzazione (cioè per gli stranieri che arrivano in Italia da adulti e che secondo la legge attuale devono attendere dieci anni prima di poter richiedere la cittadinanza italiana). Quest’ultimo aspetto è stato molto dibattuto, in particolare si proponeva un abbassamento dei tempi di permanenza legale da dieci a otto anni. Ma alla fine si è scelto di concentrarsi solo sulle modifiche relative ai minorenni. Aspetto su cui l’accordo tra centro destra e centro sinistra è sempre stato maggiore.

Alessia Chiorlin IVC

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